Silenzi #07,  2015 - 60x50 cm - Gelatin silver print - Edition of 7 (particolare)

 

Silenzi, 2015

 

 

 

Testo critico:

Mario Lentini

«Contrasto e Graffio tra attività e contemplazione» Panta rei, riporta un frammento attribuito canonicamente ad Eraclito l’oscuro. “Tutto scorre” proferiva il filosofo efesino, relegando tutto lo scibile e il soprasensibile nell’eterno conflitto degli opposti, tra l’essere ed il divenire. Parmenide di Elea, suo contemporaneo, gli contrappose l’essere come vera natura della realtà ivi il mondo è inteso come immutevole ed immobile. In tal senso, i due momenti della partenza e dell’arrivo, dell’inizio e della fine, non hanno motivo di esistere, tutto è, semplicemente tutto è adesso. È proprio quanto sembra suggerirci Attilio Scimone con la collezione “Still”, una raccolta di ritratti e di istantanee che mettono in risalto con grande evidenza e con grande acume critico il principio di tutto: l’essenza. Dall’essenza, diceva Aristotele, partono i sillogismi; da quell’essenza, intima correlazione tra il soggetto rappresentato ed il suo spazio, si giunge al gusto dell’esperienza estetica ancor prima di arrivare al significato stesso del rappresentato. Osservare le opere di Scimone consente di aprire le porte della percezione, così care a Blake e ad Huxley: il mondo dell’Io, parafrasando proprio Huxley, la dimensione del tempo, dei giudizi morali e delle considerazioni utilitarie, il mondo dell’autoaffermazione e della presunzione, delle parole sopravvalutate e idolatrate, degrada sino a diventare una scala di grigi che permette l’ascesa verso ciò che è universale. Scrutando i soggetti delle opere si intuisce immediatamente il loro valore a-spaziale ed a-temporale. I soggetti sono fermi, immobili, immutabili ed il contesto in cui vengono inseriti risulta essere glocale: lo sfondo potrebbe essere Catania, Milano, Istanbul, Algeri, una qualsiasi città della provincia maghrebina, un qualsiasi banlieu parigino. L’occhio artistico di Scimone ci include con le opere di “Still”, nel mondo dell’Io e del Non-Io, dove non vi è tensione estetica, nulla è volto al divenire, tutto è immortalato in una stasi che parla di sé e che ci attrae, magnetico, con la forza del tratto e con la profondità del nero. Le immagini sono soddisfatte di essere se stesse, i soggetti non recitano una parte, non cercano consensi, non auspicano virtuosismi cromatici. Il contrasto ed il graffio divengono allora cifra stilistica di un artista che si pone in una posizione di equilibrio tra l’attività e la contemplazione.

Mario Lentini, 2015